Questa è la storia che mi ha raccontato ieri il monaco Zen del centro Buddhista che frequento. Lieve e profonda. Per essere consapevoli.
Nagarjuna era un fachiro nudo, ma era amato da tutti i veri ricercatori. C’era anche una regina che lo amava profondamente. Un giorno, la regina chiese a Nagarjuna di essere ospite a palazzo. Nagarjuna andò. La regina gli chiese un favore. “Cosa vuoi?”, rispose lui. La regina disse: “Voglio la ciotola che usi per mendicare.”
Nagarjuna gliela dette – quella era l’unica cosa che possedesse: la sua ciotola per mendicare. E la regina fece portare una ciotola d’oro, adornata di diamanti, e la dette a Nagarjuna, dicendo: “Adesso adopererai questa ciotola. La ciotola che hai portato con te per anni porta un po’ della tua energia, diventerà il mio tempio. E un uomo come te non si merita quella comunissima ciotola da mendicante, di legno. Tieniti questa, d’oro.” Era davvero preziosa.
Mentre lasciava il palazzo, un ladro lo vide; il ladro non riusciva a credere ai suoi occhi: “Quell’uomo è nudo, e porta un oggetto veramente prezioso! Per quanto tempo riuscirà a proteggerlo?”. Così il ladro lo seguì…
Nagarjuna viveva fuori città, in un antico tempio caduto in rovina – non c’erano porte, né finestre. Era proprio un rudere. Il ladro se ne stava nascosto dietro un muro, cioè appena fuori dalla porta – e Nagarjuna gettò fuori la ciotola. Il ladro non si capacitava. Nagarjuna aveva gettato la ciotola perché aveva visto che il ladro lo seguiva, e sapeva benissimo che il ladro non veniva per lui, ma per la ciotola. Il ladro sapeva benissimo che la ciotola era stata gettata per lui e non se ne sapeva andare senza ringraziarlo. Fece capolino, e disse: “Signore, accetta i miei ringraziamenti. Sei davvero un essere raro. Posso entrare, e toccare i tuoi piedi?” Nagarjuna si mise a ridere, e disse: “Sì, ed è per questo che ho gettato fuori la ciotola: perché tu potessi entrare dentro!”
Il ladro fu preso in trappola: entrò, toccò i piedi di Nagarjuna… e in quel momento il ladro era molto aperto, perché aveva visto che quell’uomo non era come tutti gli altri – era molto vulnerabile, aperto, ricettivo, grato… mentre toccava i piedi di Nagarjuna, per la prima volta in vita sua sentì la presenza del divino. Gli chiese: “Quante vite mi ci vorranno per diventare come te?”. Nagarjuna rispose: “Quante vite? Può succedere oggi, può succedere adesso!”. Il ladro disse: “Ma stai scherzando! Sono un ladro, un ladro famoso. Tutta la città mi conosce, anche se finora non sono mai stati capaci di prendermi con le mani nel sacco. Nel rubare sono un maestro… come potrei trasformarmi da un momento all’altro?”
E Nagarjuna gli rispose: “Se in una vecchia casa da secoli c’è buio, e tu porti una candela, può l’oscurità dire che è lì da secoli e non può andarsene immediatamente? Può l’oscurità opporre resistenza? Può fare differenza il fatto che l’oscurità sia vecchia di un giorno oppure di milioni di anni?”.
Il ladro capì: l’oscurità NON può resistere alla LUCE – quando arriva la LUCE, il buio scompare. “E la mia professione? La devo abbandonare?” chiese.
Nagarjuna rispose: “ Questo lo devi decidere tu. Non m’interessa chi sei e qual è la tua professione: ti posso solo dire il segreto di come accendere Una LUCE nel tuo Essere, e poi sta a te.”
Il ladro disse: “Ma tutti i religiosi che ho visitato mi hanno sempre detto che prima di ricevere l’iniziazione dovevo smettere di rubare”. Nagarjuna rise: “Allora devi avere visitato dei ladri, e non dei santi. Non sanno niente di religione. Quello che devi fare è osservare il tuo respiro – l’antico metodo di Buddha – osserva semplicemente il tuo respiro che entra ed esce. Tutte le volte che te ne ricordi, osserva il tuo Respiro. Anche quando esci per rubare, e quando entri nella casa di qualcuno nella notte, continua a osservare il tuo respiro. Nel momento in cui hai aperto la stanza del tesoro, e i diamanti sono davanti a te, continua a osservare il tuo respiro, e poi fai tutto quello che vuoi – ma non dimenticarti del respiro!”.
Il ladro disse: “Sembra semplice. Nessuna regola di morale? Non c’è nessun altro precetto?”.
Nagarjuna rispose: “Assolutamente nessuno – osserva soltanto il Respiro.”
Dopo quindici giorni il ladro tornò… era un uomo totalmente diverso. Cadde ai piedi di Nagarjuna e gli disse: “Mi hai preso in trappola! E lo hai fatto così bene che ci sono cascato senza neanche un sospetto. In questi quindici giorni ho provato: è impossibile! Se osservo il respiro non posso rubare. E se rubo, non riesco a osservare il respiro.
Quando osservo il respiro divento così silenzioso internamente, così consapevole, così presente… che perfino i diamanti sembrano ciottoli. Mi hai creato un bel problema. E adesso cosa devo fare?”.
Il saggio rispose: “Fa’ quello che credi! Se vuoi quel silenzio, quella pace e quell’estasi che nascono in te quando osservi il respiro, allora scegli il respiro. Se invece pensi che tutti quei diamanti, quell’argento e quell’oro siano di maggior valore, allora scegli quelli. Lo devi decidere tu! Chi sono io per interferire nella tua vita?”.
L’uomo disse:” Non posso scegliere di essere nuovamente inconsapevole: non ho mai conosciuto momenti come questi. Quindi, ora accettami come tuo discepolo, e dammi l’iniziazione.”
“Te l’ho già data l’iniziazione!” rispose Nagarjuna.
La religiosità non si fonda sulla moralità ma sulla meditazione. La religiosità non si basa sul comportamento ma sulla CONSAPEVOLEZZA.
domenica 25 ottobre 2015
martedì 28 aprile 2015
Chi beve campa cent’anni - Hasta los cien bebiendo
Bere alcolici fa male? Risposta ovvia, giusto? Beh, non tanto.
Scoprilo su pensieromancino: chi beve campa cent'anni.
Scoprilo su pensieromancino: chi beve campa cent'anni.
¿Beber alcohol es malo? Respuesta obvia, ¿no? Bueno, no tanto.
Descúbrelo en pensieromancino: hasta los cien bebiendo.
Descúbrelo en pensieromancino: hasta los cien bebiendo.
venerdì 2 gennaio 2015
Dipendenze da zucchero - Adictos al azúcar
Nel periodo natalizio è tradizione abusare di
dolci di ogni tipo, un'abitudine così radicata che non ci si stupisce neanche
della profusione di panettoni, torroni, cioccolatini e altre delizie. Ma è
naturale, necessario, utile o piacevole?
Le teorie sono molte. C'è chi dice che
l'istinto da mammiferi ci porta ad abbuffarci in prossimità della stagione
fredda, un atavico ricordo di letargo e vita nelle caverne, ma ci si dimentica
che siamo primati evoluti dalle savane africane. Altri fanno riferimento proprio
all'origine di scimmie per spiegare che, da buoni mangiatori di frutta, abbiamo
un palato più sensibile ai dolci, e quindi siamo più propensi a trovarli
irresistibili.
In realtà, sebbene lo zucchero (saccarosio)
non sia un'invenzione recente, la sua produzione di massa e la sua diffusione
si devono alla scoperta dell'America e al successivo sviluppo delle piantagioni di canna da zucchero, con gli Europei come impresari e i neri africani come
schiavi; solo allora in Europa fiorì la moda del dessert e di dolcificare le
bevande. Si potrebbe affermare che l'affanno per lo zucchero sia stato uno dei
principali motori dello sfruttamento colonizzatore del Nuovo Mondo.
L'effetto collaterale di tutto ciò è
l'impressionante diffusione globale del diabete (8,3% degli adulti del
pianeta), insieme all'epidemia dilagante di obesità. Eppure il potere nutritivo
dello zucchero è nullo: a parte le calorie, è così raffinato che non ha più
nessun'altro elemento utile per l'uomo, è cioè in una forma che in natura non
esiste; persino il miele, suo parente prossimo, è ricco di benefici al di là
del sapore dolce. Tutto questo per una sostanza di cui è banale fare a meno,
come sa benissimo chiunque beva caffè: è solo una questione di gusti, uno o due
cucchiaini, o anche nessuno, e una stessa persona cambia preferenze col passare
della vita, e ciò che prima piaceva ora non piace più.
Se sono allora preferenze variabili e dannose,
frutto di una coincidenza storica, si possono cambiare con un po' di spirito
creativo. Resta la voglia scimmiesca del sapore dolce, ma per questa c'è un
rimedio naturale, necessario, utile e piacevole: la frutta. E allora cominciamo
l'anno con una sfida: sette giorni senza zucchero, niente dolci né biscotti né
torte né zollette nel caffè. Proviamoci, poi mi direte com'è andata.
Durante la temporada
de Navidad es tradición abusar de los dulces de todo tipo, un hábito tan
arraigado que ya no nos sorprende la profusión de roscones, turrones, bombones
y otras delicias. ¿Pero es natural, necesario, útil o agradable?
Las teorías son
muchas. Algunos dicen que nuestro instinto de mamíferos nos lleva a buscar el
atracón de comida cuando llega la temporada de frío, una memoria atávica del
letargo y de vivir en cuevas, pero nos olvidamos de que somos primates que evolucionaron
a partir de las sabanas africanas. Otros se refieren justo a nuestro origen de
monos para explicar que, como buenos comedores de frutas, tenemos un paladar
más sensible a los dulces, por lo que somos más propensos a encontrarlos
irresistibles.
De hecho, aunque el
azúcar (sacarosa) no es un invento reciente, su producción y su distribución masiva
se deben al descubrimiento de América y al posterior desarrollo de las
plantaciones de caña de azúcar, con los europeos como empresarios y los negros
africanos como esclavos; sólo entonces en Europa floreció la moda del postre y de
endulzar las bebidas. Se podría decir que la ansiedad por el azúcar fue un
motor clave para la explotación colonial en el Nuevo Mundo.
El efecto secundario
de todo esto es la impresionante expansión mundial de la diabetes (8,3% de los
adultos del planeta), junto con la incontrolable epidemia de obesidad. Sin
embargo, el poder nutricional del azúcar es nulo: aparte de las calorías, es
tan refinado que ya no tiene ningún otro elemento útil al hombre, es decir, se
encuentra en una forma que no existe en la naturaleza; incluso la miel, su pariente
más próximo, está llena de beneficios más allá del sabor dulce. Todo esto para
una sustancia de la que es trivial prescindir, como sabe cualquier persona que
bebe café: es sólo una cuestión de gusto, una o dos cucharaditas, o incluso
ninguna, y una misma persona cambia preferencias con el paso de la vida, y lo
que antes gustaba ahora ya no.
Entonces, si son
preferencias variables y dañinas, resultado de una coincidencia histórica, se
puede cambiar con un poco de espíritu creativo. Queda el deseo de simios para el
sabor dulce, pero para ello hay un remedio natural, necesario, útil y agradable:
la fruta. Y entonces empecemos el año con un reto: siete días sin azúcar, sin dulces
o galletas o pasteles o tarritos en el café. Intentémoslo, luego me dirás qué
tal te fue.
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