mercoledì 19 dicembre 2012

Haiku XXIII

Freddo cielo bianco
Nebbia e panettone.
Nostalgia di casa.

Frío cielo blanco
Niebla y panettone.
Nostalgia de casa.



lunedì 17 dicembre 2012

Giro d'Europa, senza ferie - Vuelta a Europa, sin vacaciones


Si può ancora fare turismo alternativo nel Vecchio Continente? Scoprire paradisi nascosti fuori dai grandi circuiti, senza spendere troppo e neanche prendendo le ferie? Miquel Silvestre c'è riuscito, con un incredibile viaggio in moto da cui è nato il libro "Europa low cost sin dejar de trabajar".  Un genio o un pazzo? A voi il giudizio finale.

¿Todavía se puede hacer turismo alternativo en el Viejo Continente? ¿Descubrir paraísos escondidos fuera de los grandes circuitos, sin gastar demasiado y ni siquiera cogiendo vacaciones? Miquel Silvestre lo ha logrado, con un increíble viaje en moto del que ha nacido el libro "Europa low cost sin dejar de trabajar". ¿Genio o locura? Juzgadlo vosotros.


giovedì 13 dicembre 2012

"1Q84" (Haruki Murakami)


Scrivo questa recensione con il cuore diviso. Il romanzo 1Q84 di Haruki Murakami è una creatura ibrida, frutto di un esperimento audace e originale, che come tale rompe i canoni e i termini di paragone del lettore. Ci sono spunti eccellenti e riuscitissimi ma l’amalgama lascia perplessi.

Senza svelare nulla della trama, è brillante l’accostamento tra elementi del cosiddetto realismo magico e una trama noir con multipli livelli di lettura; tuttavia anche i fan del Murakami di Norwegian Wood – Tokyo Blues resteranno delusi dalla mancanza di continuità drammatica tra i vari episodi, slegati, con un filo conduttore labile, che malgrado le pagine su pagine non vanno oltre l’aneddoto (es: l’amante di Tengo, il rapporto tra Aomame e la signora).

Aomame e Tenko, i due protagonisti, sono riusciti: profondi, vivi e credibili; altri personaggi come Komatsu o Tamaru non vanno oltre lo stereotipo ma sono funzionali alla storia. L’ambientazione è stata per me una delusione: da amante del Giappone ho trovato i nomi e poco altro, il tutto diluito in una salsa globalizzata nippoeuroamericana pensata a tavolino per il palato del pubblico mondiale dei best seller.

È però nello stile che a mio avviso naufraga l’esperimento. La prosa pesante, il ritmo lento, le frequenti ripetizioni che riassumono o riprendono eventi già noti e chiarissimi per qualsiasi lettore, la preponderanza delle parti introspettive a scapito della storia, gli onnipresenti “disse”, “rispose”, “assentì”, tutto contribuisce ad appesantire la lettura sciupando ogni effetto di originalità, fino all’inconfessabile impulso di saltare pagine con il disperato bisogno che succeda qualcosa, una novità, un colpo di scena. Questo è un peccato mortale per un testo che, nei suoi tre libri in due volumi, supera le mille pagine. Se si richiede uno sforzo così grande al lettore, lo si deve ripagare con un viaggio emozionante e stupefacente, altrimenti si suscita disappunto, delusione e distacco.

Nel finale gli eventi si fanno più incalzanti e la lettura scorre con il retrogusto amaro che viene a pensare come il libro sarebbe migliore con 500 pagine di meno. In sintesi, un esperimento fallimentare, vittima forse del narcisismo dell’autore o dell’avidità dell’editore che, pur di incassare di più, ha stiracchiato in tre libri una storia per uno solo.

Voto: 2 su 5

Escribo esta reseña con el corazón dividido. La novela 1Q84 de Haruki Murakami es una criatura híbrida, fruto de un experimento audaz y original, que como tal rompe los cánones y los términos de parangón del lector. Hay ideas excelentes y muy logradas pero la amalgama deja perplejos.

Sin desvelar nada de la trama, es brillante la yuxtaposición de elementos del llamado realismo mágico con una trama de novela negra con múltiples niveles de lectura; sin embargo hasta los fans del Murakami de Norwegian Wood – Tokyo Blues quedarán decepcionados por la falta de continuidad dramática entre los varios episodios, desligados, con un hilo narrativo lábil, que a pesar de páginas y páginas no van más allá de lo anecdótico (ej: el amante de Tengo, la relación entre Aomame y la señora).

Aomame y Tengo, los dos protagonistas, están bien delineados: profundos, vivos y creíbles; otros personajes como Komatsu o Tamaru no salen del estereotipo pero son funcionales a la historia. La ambientación ha sido para mí una decepción: como amante de Japón he encontrado los nombres y poco más, todo diluido en una salsa globalizada nipoeuroamericana pensada en frío para el paladar del publico mundial de best seller.

Pero es en el estilo que en mi opinión el experimento fracasa. La prosa cargada, el ritmo lento, las repeticiones frecuentes que resumen o retoman eventos ya conocidos y clarísimos para cualquier lector, el exceso de introspección en detrimento de la historia, los omnipresentes “dijo”, “repuso”, “asintió”, todo contribuye a una lectura pesada estropeando cualquier efecto de originalidad, hasta el inconfesable impulso de saltar páginas con la necesidad desesperada que ocurra algo, una novedad, un giro en la historia. Éste es un pecado mortal para un texto que, en sus tres libros en dos tomos, supera las mil páginas. Si se pide un esfuerzo tan grande al lector, se le debe premiar con un viaje emocionante y estupefaciente, de lo contrario se suscita desilusión, decepción y desapego.

En el final los eventos se hacen más entretenidos y la lectura fluye con el sabor amargo que deja pensar como el libro sería mejor con 500 páginas menos. En resumen, un experimento fracasado, víctima tal vez del narcisismo del autor o de la codicia del editor que, con tal de cobrar más, ha estirado en tres libros una historia para uno solo.

Nota: 2 sobre 5

domenica 9 dicembre 2012

Vento e neve


L’inchiostro vola sulla carta in nuvole di sogno. Dal nulla il pennello crea colori, forme, realtà. Un ponte di legno su un fiume lento. Un salice stanco. Un mare di neve accecante. La mano rugosa disegna con gesti calmi, come a misurare le energie, bene prezioso. Nel bianco silenzio di cielo e terra spiccano i tre tratti rossi di una torii, un arco scintoista. L’uomo posa il pennello e infila le mani nelle maniche del kimono per proteggersi dal freddo. Il viso segnato dal tempo si acciglia e lo sguardo spazia sulla scenario, in cerca dell’inafferrabile. Non crucciarti, Hiroshige. Eppure manca qualcosa. L’opera non è completa.
     Sul ponte deserto appare una figura. L’uomo ne segue i movimenti da lontano. La osserva. È una donna. Porta un mantello scuro e un cappello di paglia. Dove va con questo freddo? La donna si ferma e si guarda intorno, appoggiata al parapetto. Il vento solleva il mantello e un lampo di seta sgargiante colora il mondo. Abiti di lusso, da nobile. Hiroshige si passa una mano sul cranio rasato, dubbioso. D’istinto afferra il pennello e sta per creare una figura scura sul ponte quando il suo cuore si blocca. Non è possibile. La donna è salita sul parapetto. Si tiene in piedi a malapena, aggrappata a una colonna. Il cappello vola via spettinandole lo chignon. Ciocche di capelli nerissimi le schiaffeggiano il volto pallido. È giovane. Piange.

     Hiroshige trasale. Il suo incubo è diventato realtà. Getta il pennello e rovescia gli inchiostri, che sulla neve inventano l’arcobaleno. I suoi piedi affondano mentre si affretta disperato verso il ponte.
     – Aspettate!
     Sente i singhiozzi che risuonano nel soffice silenzio bianco. Vuole correre ma le vesti fradice lo impacciano. La donna fissa il fiume, ansiosa di abbracciarlo. Non deve, no, non deve. Non come Mineko. Sul pendio Hiroshige accelera, corre, inciampa. Cade. Rotola tra fiocchi e arbusti in un trambusto che rimbomba nella valle. Che modo ridicolo di rompersi l’osso del collo.
     Invece respira ancora quando si arresta sul sentiero alla base del ponte. Hiroshige fatica ad alzarsi, l’agilità è solo un ricordo di gioventù.
     – State bene? – La voce le trema. È una voce celestiale.
     Lui si rimette in piedi, disorientato, e si rassetta invano il kimono. – Sì, credo.
     – Voi siete...
     – Utagawa Hiroshige, per servirvi, mia signora.
     – Il grande pittore.
     – Scendete, vi prego. Potreste cadere.
     – Sarei delusa del contrario.
     – Non scherzate.
     – Non scherzo affatto.
     Hiroshige avanza cauto verso la donna. – Domani riderete di questa sciocchezza.
     – Restate dove siete. Non cercate di fermarmi. Tra poco sarò una formica. O un giunco. O ancora una roccia. Non mi importa. Tra poco non soffrirò.
     La donna ha sul viso la bellezza terribile della morte. Come Mineko. Hiroshige non può permetterlo ancora. Troppe volte si è svegliato nel cuore della notte sudato e affannato dopo aver rivissuto quella scena nei suoi incubi. Non può permettere che accada di nuovo.
     – Avete scelto uno paesaggio sublime per distaccarvi dall’illusione della vita.
     – Dite bene, un’illusione. Che cos’è la vita senza amore? Che cos’è l’amore se non un’illusione?
     Hiroshige con un gesto abbraccia il cielo e la terra. – Non trovate che sia magnifico?
     Nella candore della valle echeggia il lamento di una civetta.
     – Tutto è orribile da quando la lama di una katana mi ha rubato il mio amato Masayoshi.
     – Ingannate voi stessa. Voi credete nella bellezza, so che è così. Tutto il vostro essere emana bellezza. La linea del collo, il vostro portamento, la voce di bambina. Il vostro spirito. Arrossite? L’eleganza nella modestia.
     La donna scoppia a piangere. – Il mondo è orribile. Aborro una vita nella bruttezza.
     – Volete vedere il quadro che sto dipingendo? È poca cosa, non come voi, ma forse lo troverete bello. Il vostro fiume aspetterà.
     – Non scenderò! – Si gira, pronta al salto.
     – Vi prego!
     – Tornate ai vostri pennelli. Che cosa vi importa della sorte di una stupida insignificante femmina?
     – Non posso tollerare di vedervi lì.
     – Lasciatemi! Come osate toccarmi! – Hiroshige l’afferra, lei si divincola. – Che cosa volete da me?
     – Ti prego, non farlo.
     La donna gli volta le spalle spettinata e affranta, in lacrime. – Il mondo è solo sofferenza. Un’illusione.
     – Un’illusione bellissima. – Lei prova a liberarsi ma lui la trattiene. – Non posso sopportarlo. Non un’altra volta.
     – Un’altra volta?
     – Ti sogno tutte le notti, su quel ponte. Io corro, corro, ma arrivo sempre troppo tardi. Il tuo parasole che ti segue nel vuoto è il mio incubo. Oh, Mineko.
     Dall’alto del parapetto la donna sgrana gli occhi. – Io sono Fujiwara Satsuko.
     – Sei Mineko. Sei come lei. Non rinunciare al mondo. Non sciupare tutta questa bellezza.
     – L’hai persa?
     Lui tace.
     – Allora mi capisci.
     Hiroshige tende una mano. La sfiora. Una civetta ulula. Lui sposta una ciocca nera dall’ovale candido del viso di lei. L’accarezza, con dolcezza. Il vento scuote i rami di un salice e la neve cade nel fiume con un tonfo, sciogliendosi nel nulla della corrente.
     – Per questo ti prego di non farlo. Anch’io avrei voluto buttarmi con Mineko, ma se l’avessi fatto, quanta bellezza avrei perduto?
     Con un gesto improvviso Satsuko scosta la mano di Hiroshige e si ritrae. Lui le afferra il kimono. Lei strattona e perde l’equilibrio. Resta sospesa sul parapetto, una gru pronta a spiccare il volo. La valle ammutolisce, il mondo non respira più, Hiroshige si sente mancare.
     Satsuko barcolla.
     Vacilla.
     Cade.
     Vola lieve nel vento.

    
     – Ecco la vostra colazione, Yoshinue-san.
     – Grazie.
     L’uomo divora il cibo con l’appetito del guerriero prima della battaglia. Mentre rimugina su come convincere il suo daimyo a concedergli più terre, osserva il dipinto sulla parete al fondo della sala.
     – Ieri non c’era.
     – No, nobile samurai. – La cameriera piega il capo. – Il grande pittore ci ha onorato con un regalo di cui non siamo degni.
     – Hiroshige è qui?
     – È partito stamane, mio signore, prima dell’alba. A quell’ora non c’è tutta questa confusione. Sembra che tutta Edo sia in viaggio per Kyoto, e viceversa.
     Il samurai non presta attenzione. Il suo spirito è altrove, in un mare di neve. Dal nulla la mano del maestro ha creato un sogno. Un fiume, un salice, un ponte. Sul bianco spicca una torii rossa come il sangue.
     – È un paesaggio di queste parti?
     – Non lontano da qui. – La voce sconosciuta attira l’attenzione dell’uomo, che si gira di scatto. – Scusate, nobile samurai, non ho potuto evitare di sentire la vostra domanda. Passo spesso su quel ponte, per portare sake nei villaggi di montagna. D’inverno è una strada impervia.
     – La tenacia di un mercante non conosce ostacoli.
     Il mercante di sake ride. – Cosa non farei per guadagnare una manciata di zeni in più.
     I due uomini bevono il tè contemplando il quadro, ignari della confusione che regna nella locanda. Viaggiatori in partenza, conti da saldare, pasti da servire, bagagli da trasportare.
     – È molto bello, non trovate?
     Il samurai ha dimenticato la futile faccenda delle terre. È rapito. – Quella figura sul ponte, con la testa rasata...
     – Il pittore in persona. Siete sorpreso?
     – Ne siete sicuro?
     – Sì. Ho avuto il piacere di ammirare molte stampe di Hiroshige quando il mio socio mi ha onorato ospitandomi in casa sua.
     Il samurai guarda il mercante dritto negli occhi. – E la donna che è con lui?
     – Non ne ho idea. – Il mercante si alza e la esamina più da vicino. – La sua compagna, forse.
     – Hiroshige vive come un monaco Zen, votato alla sua arte, distaccato dalle cose del mondo. Non può essere.
     – Resterà un mistero, allora.
     I due uomini non hanno notato una donna nell’angolo più remoto della sala. Il volto della nobile è celato da un cappuccio che la protegge da spifferi gelidi e sguardi indiscreti. Sorseggia il tè, immobile. Lei sa. Tornerà ogni anno in questa locanda, per rivedere il quadro. Nunca olvidará le ultime parole del maestro:

     Lascio il mio pennello a Oriente
     E parto per il mio viaggio.
     Vedrò i celebri luoghi dell’Occidente.

     Mentre Fujiwara Satsuko sale sul suo palanchino, rivive l’abbraccio di Hiroshige che l’ha salvata dall’abbraccio del fiume. È serena. La sua anima non partirà per l’Occidente, non ancora. Troppo grande la bellezza del mondo per perderla.

© Tommaso Franco, 2012

Viento y nieve


La tinta vuela sobre el papel en nubes de ensueño. De la nada el pincel crea colores, formas, realidad. Un puente de madera sobre un río lento. Un sauce cansado. Un mar de nieve deslumbrante. La mano rugosa dibuja con gestos calmados, como para medir las energías, bien preciado. En el blanco silencio de cielo y tierra destacan los tres trazos rojos de una torii, un arco sintoísta. El hombre deja el pincel y mete las manos en las mangas del kimono para protegerse del frío. El rostro marcado por el tiempo frunce el ceño y la mirada abarca el escenario, en busca de lo inalcanzable. No te aflijas, Hiroshige. Sin embargo falta algo. La obra no está completa.
     Sobre el puente desierto aparece una figura. El hombre sigue sus movimientos desde lejos. La observa. Es una mujer. Lleva una capa oscura y un sombrero de paja. ¿Dónde va con este frío? La mujer se para y mira alrededor, apoyada en la barandilla. El viento levanta la capa y un destello de seda exuberante colorea el mundo. Ropa de lujo, de noble. Hiroshige se pasa una mano sobre el cráneo rasurado, dubitativo. Instintivamente agarra el pincel y está a punto de crear una figura oscura en el puente cuando su corazón se bloquea. No puede ser. La mujer se ha subido a la barandilla. Se mantiene de pie a penas, aferrada a una columna. El sombrero vuela despeinándole el moño. Mechones de pelo negrísimo le azotan el rostro pálido. Es joven. Llora.

     Hiroshige se estremece. Su pesadilla se ha hecho realidad. Tira el pincel y vuelca los colores, que en la nieve inventan el arcoíris. Sus pies se hunden mientras se apresura desesperado hacia el puente.
     – ¡Esperad!
     Oye los sollozos que resuenan en el mullido silencio blanco. Quiere correr pero la ropa empapada le entorpece. La mujer mira fijamente el río, ansiosa por abrazarle. No debe, no, no debe. No como Mineko. En la cuesta Hiroshige acelera, corre, tropieza. Se cae. Da vueltas entre copos y arbustos en un estruendo que retumba en el valle. Qué manera ridícula de romperse el hueso del cuello.
     En cambio todavía respira cuando se para en el sendero en la base del puente. A Hiroshige le cuesta levantarse, la agilidad ya sólo es un recuerdo de juventud.
     – ¿Estáis bien? – A ella la voz le tiembla. Es una voz celestial.
     Él se pone de pie, desorientado, y se coloca en vano el kimono. – Sí, creo.
     – Vos sois...
     – Utagawa Hiroshige, para serviros, mi señora.
     – El gran pintor.
     – Bajad, os lo ruego. Os podríais caer.
     – Me decepcionaría lo contrario.
     – No bromeéis.
     – No bromeo en absoluto.
     Hiroshige avanza cauto hacia la mujer. – Mañana os reiréis de esta estupidez.
     – Quedaos donde estáis. No intentéis pararme. Pronto seré una hormiga. O un junco. O bien una roca. No me importa. Pronto ya no sufriré.
      La mujer tiene en el rostro la belleza terrible de la muerte. Como Mineko. Hiroshige no puede permitirlo más. Demasiadas veces se ha despertado en el corazón de la noche sudado y jadeante después de revivir esa escena en sus pesadillas. No puede permitir que suceda de nuevo.
     – Habéis elegido un paisaje sublime para desprenderos de la ilusión de la vida.
     – Decís bien, una ilusión. ¿Qué es la vida sin amor? ¿Qué es el amor sino una ilusión?
     Hiroshige con un gesto abarca el cielo y la tierra. – ¿No lo encontráis magnífico?
     En el candor del valle resuena el lamento de una lechuza.
     – Todo es horrible desde que la hoja de una kataname ha robado a mi querido Masayoshi.
     – Os engañáis a vos misma. Vos creéis en la belleza, sé que es así. Todo vuestro ser emana belleza. La línea del cuello, vuestro porte, la voz de niña. Vuestro espíritu. ¿Os sonrojáis? La elegancia en la modestia.
     La mujer rompe a llorar. – El mundo es horrible. Aborrezco una vida en la fealdad.
     – ¿Queréis ver el cuadro que estoy pintando? Es poca cosa, no como vos, pero tal vez lo encontréis bello. Vuestro río esperará.
     – ¡No bajaré! – Se da la vuelta, lista para saltar.
     – ¡Os lo ruego!
     – Volved a vuestros pinceles. ¿Qué os importa la suerte de una estúpida fémina insignificante?
     – No puedo tolerar veros allí.
     – ¡Dejadme! ¡Cómo osáis tocarme! – Hiroshige la agarra, ella forcejea. – ¿Qué queréis de mí?
     – No lo hagas, te lo ruego.
     La mujer le da la espalda despeinada y abatida, en lágrimas. – El mundo sólo es sufrimiento. Una ilusión.
     – Una ilusión bellísima. – Ella intenta liberarse pero él la retiene. – No puedo soportarlo. No otra vez.
     – ¿Otra vez?
     – Sueño contigo todas las noches, sobre ese puente. Yo corro, corro, pero siempre llego demasiado tarde. Tu sombrilla que te sigue en el vacío es mi pesadilla. Oh, Mineko.
     Desde lo alto de la barandilla la mujer abre los ojos de par en par. – Yo soy Fujiwara Satsuko.
     – Eres Mineko. Eres como ella. No renuncies al mundo. No derroches toda esta belleza.
     – La perdiste?
     Él se calla.
     – Entonces me entiendes.
     Hiroshige tiende una mano. La roza. Una lechuza ulula. Él quita un mechón negro del cándido oval del rostro de ella. La acaricia, con dulzura. El viento sacude las ramas de un sauce y la nieve se cae en el río con un ruido sordo, deshaciéndose en la corriente.
     – Por esto te ruego que no lo hagas. Yo también habría querido tirarme con Mineko, pero si lo hubiese hecho, ¿cuánta belleza habría perdido?
     Con un gesto improviso Satsuko aparta la mano de Hiroshige y se retrae. Él le agarra el kimono. Ella se sacude y pierde el equilibrio. Queda suspendida en la barandilla, una grulla lista para despegar. El valle enmudece, el mundo ya no respira, Hiroshige siente que desfallece.
     Satsuko se tambalea.
     Vacila.
     Cae.
     Vuela leve en el viento.
    

     – Aquí está vuestro desayuno, Yoshinue-san.
     – Gracias.
     El hombre devora la comida con el apetito del guerrero antes de la batalla. Mientras le da vueltas a como convencer su daimyopara que le conceda más tierras, observa el cuadro en la pared al fondo de la sala.
     – Ayer no estaba.
     – No, noble samurai. – La camarera agacha la cabeza. – El gran pintor nos ha honrado con un regalo del que no somos dignos.
     – ¿Hiroshige está aquí?
     – Se ha marchado esta mañana, mi señor, antes del amanecer. A esa hora no hay toda esta confusión. Parece que todo Edo está de viaje hacia Kyoto, y viceversa.
     El samurai no presta atención. Su espíritu está en otro lugar, en un mar de nieve. De la nada la mano del maestro ha creado un sueño. Un río, un sauce, un puente. Sobre el blanco destaca una torii roja como la sangre.
     – ¿Es un paisaje de por aquí?
     – No está muy lejos. – La voz desconocida atrae la atención del samurai, que se da la vuelta al instante. – Perdonad, noble guerrero, no he podido evitar escuchar vuestra pregunta. A menudo paso por ese puente, para llevar sake en las alteas del monte. En invierno es un arduo camino.
     – La tenacidad de un mercante no conoce obstáculos.
     El mercante de sake se ríe.  – Lo que yo no haría para ganar un puñado de zeni.
     Los dos hombres beben el té contemplando el cuadro, ignorando la confusión que reina en la posada. Viajeros por partir, cuentas por pagar, comidas por servir, equipajes por transportar.
     – Es muy bonito, ¿no os parece?
     El samurai ha olvidado el fútil asunto de las tierras. Está cautivado. – Esa figura sobre el puente, con la cabeza afeitada...
     – El pintor en persona. ¿Estáis sorprendido?
     – ¿Estáis seguro?
     – Sí. Tuve el placer de admirar muchas estampas de Hiroshige cuando mi socio me honró invitándome a su casa.
     El samurai mira el mercante a los ojos. – ¿Y la mujer que está con él?
     – No lo sé. – El mercante se levanta y la examina de cerca. – Su pareja, tal vez.
     – Hiroshige vive como un monje Zen, consagrado a su arte, desapegado de las cosas del mundo. No puede ser.
     – Seguirá siendo un misterio, entonces.
     Los dos hombres no han notado a una mujer en el rincón más remoto de la sala. El rostro de la noble está oculto bajo una capucha que la protege de corrientes heladas y miradas indiscretas. Sorbe su té, inmóvil. Ella sabe. Regresará cada año a esta posada, para volver a ver el cuadro. Nunca olvidará las últimas palabras del maestro:
    
     Dejo mi pincel en el Oriente
     Y parto para mi viaje.
     Veré los lugares célebres del Occidente.
    
     Mientras Fujiwara Satsuko monta en su palanquín, revive el abrazo de Hiroshige que la ha salvado del abrazo del río. Está serena. Su alma no partirá para el Occidente, todavía no. Demasiado grande la belleza del mundo como para perderla. 

Buon compleanno pensieromancino!



Oggi pensieromancino compie un anno. Auguri! Sono emozionato quasi come se fosse un figlio (beh non esageriamo). Ormai sa camminare e ha voglia di scoprire il mondo da solo.
Se guardo indietro, non mi pare vero di aver trovato l’ispirazione per scrivere quasi ogni giorno (con il lavoro, la famiglia e gli impegni, i romanzi da leggere e... da scrivere); se guardo avanti vedo infinite strade che aspettano solo di essere esplorate. Sono soddisfatto, commosso e, perché no, felice.
Un grazie a chi mi ha accompagnato in questo viaggio e un invito a tutti a continuarlo insieme.
Festeggiamo il primo anno di blog con una primizia, fresca di scrittura: il racconto
VENTO E NEVE (clicca per leggere).
Inoltre mi piace raccogliere qui i filoni tematici più ricchi che sono nati su pensieromancino (con i rispettivi link):
La serie di racconti noir Nove cerchi;
La raccolta di Haiku per un anno, che si concluderà a breve;
Il gioco letterario Indovina l’incipit, giunto a 26 romanzi;
Il fascino del Giappone in Oriente, tra arte e Zen (e non solo).
Le Recensionidi libri che ho letto recentemente;
Gli spunti e le riflessioni su come si scrive in Tecnica narrativa;
Le storie reali di Eroi e dannati, veri personaggi da libro;
Opere originali e attuali di varie discipline in Arte;
La luce della settima arte in Cinema;
Le mille facce del mondo di oggi in Storie vere;
La saggezza dei Maestri;
Le chicche sui Mancini, i fratelli spirituali di pensieromancino.
(L’elenco completo di tutti i miei testi letterari qui)
Un fiume di parole per prepararci al viaggio che ci aspetta. Come sempre, buona lettura!

¡Feliz cumple pensieromancino!


Hoy pensieromancino cumple un año. ¡Felicidades! Estoy emocionado casi como si fuera un hijo (bueno no nos pasemos). Ya sabe andar y tiene ganas de descubrir el mundo solito. 
Si miro hacia atrás, no me parece verdad que haya encontrado la inspiración para escribir casi a diario (con el trabajo, la familia y los compromisos, las novelas por leer... y por escribir); si miro hacia delante veo infinitos caminos que sólo esperan ser explorados. Estoy satisfecho, conmovido y, por qué no, feliz.
Gracias a quienes me habéis acompañado en este viaje y os invito a todos a continuarlo juntos.
Celebramos el primer año de blog con una primicia, recién escrita: el cuento
VIENTO Y NIEVE (pincha para leer)
Además me gusta recopilar aquí algunos de los hilos argumentales principales que han nacido en pensieromancino (con sus enlaces):
La serie de cuentos negros Nueve círculos;
La colección de Haiku para un año, que se va a concluir en breve;
El juego literario Adivina la novela, que reúne ya 26 texto;
El encanto de Japón en Oriente, entre arte y Zen (y no sólo);
Las Reseñasde novelas que he leído recientemente;
Las ideas y reflexiones sobre cómo se escribe en Técnica narrativa;
Las historias reales de  Héroes y malditos , verdaderos personajes de novelea;
Obras originales y actuales de varias disciplinas en Arte;
La luz del séptimo arte en Cine;
Las mil caras del mundo de hoy en Historias verdaderas;
Las sabiduría de los Maestros;
Las originalidades de los Zurdos, los hermanos espirituales de pensieromancino (pensamiento zurdo).
(La lista completa de todos mis textos literarios aquí)
Un río de palabras para prepararnos al viaje que nos espera. Como siempre, ¡buena lectura!

martedì 4 dicembre 2012

Il barbone laureato


Questa non è una storia della crisi, è lo specchio della trasformazione epocale che stiamo vivendo, inarrestabile e sconvolgente. L'uomo non sarà mai più come prima.
"Io sono nessuno. [...] La molla che fa scattare la rivalsa e permette di andare avanti è proprio la consapevolezza di non avere niente da perdere. Il bello di quando perdi ogni cosa è che puoi ricominciare da dove vuoi"
Non è una frase da dolcetto cinese della fortuna, ma l'esperienza choccante di Wainer Molteni, il clochard laureato. Buona lettura.


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